Il linguaggio dei fiori

Se oggi compriamo delle rose rosse quando siamo innamorati (e mai gialle), se i fiori d'arancio ci fanno pensare ai matrimoni, se quando vediamo dei crisantemi prepariamo i fazzoletti, lo dobbiamo anche a librini come Il linguaggio dei fiori dedicato al Bel Sesso, a cura di Simona Verrazzo e pubblicato da Bardi Edizioni.

Ri-pubblicato da Bardi Edizioni sarebbe più corretto dire, visto che il libro compare per la prima volta sul mercato editoriale italiano più o meno un paio di secoli fa, quando Sonzogno sceglie di pubblicare una serie di manuali dedicati al bel sesso (o al gentil sesso, o alle dame, o alle leggitrici dell'epoca, se preferite): siamo nel 1828, e nel giro di qualche anno vengono dati alle stampe trattatelli di botanica e - perfino - di ornitologia. Niente di troppo specifico o scientifico: i libri, dal formato maneggevole come un libro di preghiere (ma con meno suspense), sono divulgativi e piacevoli da leggere anche per chi non ha nessuna conoscenza in materia, oppure sono belli anche semplicemente da sfogliare, decorati come sono da elegantissime tavole, opera di Vittore Ranieri

Autore del testo è invece Giuseppe Compagnoni, uno che - tra l'altro - propose che l'Italia adottasse come bandiera il tricolore; la cosa non gli portò particolare fortuna in realtà, visto che in vecchiaia si ritrovò a sbarcare il lunario come poteva, anche scrivendo libri dedicati a un pubblico esclusivamente femminile (non certo l'aspirazione massima per uno del suo calibro, dal punto di vista della società dell'epoca). Buon per noi, visto che Il linguaggio dei fiori è proprio tra questi. 

Il libro lo si può leggere in due modi: si cerca la pianta, e se ne scopre l'origine del nome e le sue caratteristiche principali (lo sapete, per esempio, che il mirto è la pianta sacra a Venere perché una volta la dea, sorpresa dai Satiri mentre faceva il bagno, si nascose in mezzo a un suo cespuglio?). Oppure si può andare a sfogliare il vocabolario, che presenta qualità e vizi in ordine alfabetico, abbinandoli alla piante o al fiore specifico. Così, se la buona educazione è simboleggiata dal ciliegio (che se ben curato dà frutti dolcissimi), l'egoista ha come simbolo il narciso (ma questa era facile), la gentilezza il mughetto e l'odio - udite udite - il profumato basilico. Il perché ce lo spiega lo stesso Compagnoni:

"ciò è derivato da una strana confusione di idee radicatesi nel volgo. Si è creduto che amatissimo di questa pianta sia un animale chiamato basilisco, che uccide collo sguardo chiunque s'incontra co' suoi negli occhi di lui".
Pensateci, la prossima volta che vi preparate un piatto di spaghetti al pomodoro...