Quando eravamo re

Una cosa che mi piace fare è andare a spasso per negozi. E guardare tutte - e dico tutte - le vetrine: quelle dei negozi di abbigliamento (bello, bello, brutto, questo lo metterei, questo costa troppo, ma chi se le mette certe cose), le profumerie (ah, come vorrei sapermi truccare per bene), i negozi di scarpe (belli quei tacchi, peccato non saperci camminare), i casalinghi (ma che buon profumo hanno i negozi di casalinghi?), le erboristerie (ora entro e mi compro una tisana). 

E poi ci sono le librerie: ecco, nelle librerie io ci entro sempre, anche solo per dare un'occhiata. Nei negozi di abbigliamento e in quelle di scarpe no, perché mi imbarazzo di fronte alla commessa gentile che mi chiede se può essermi d'aiuto (veramente no, voglio solo curiosare), non nelle profumerie, dove hanno già scoperto il mio essere una cialtrona del make up, ma nelle librerie ci entro sempre. Anche se non devo comprare niente: mi piace guardare le nuove uscite, sbirciare i libri di cucina e quelli di viaggio, lanciare un'occhiata di sfuggita ai romanzi rosa (che non sta bene si sappia uno li legge). E ogni tanto provo il desiderio di chiedere i miei libri, ma poi mi blocco: e se mi chiedessero il nome per poterlo ordinare? Sarei pronta a inventare un nome fittizio? E quale? Adelaide Tripozio?

In attesa di trovare il coraggio, vado comunque nella sezione di libri romani, dove trovo sempre qualcosa di interessante: il nuovo di Aldo Cazzullo per esempio. Quando eravamo padroni del mondo, pubblicato da HarperCollins, sostiene che l'impero romano non sia mai effettivamente caduto, e che ancora oggi subiamo l'influsso - sociale e culturale - di quello che ci hanno insegnato Giulio Cesare e compagnia. Qualche esempio? Beh, il nome stesso di Cesare per cominciare: i termini Kaiser e Zar derivano proprio da lì. E così "palazzo" fa riferimento al Palatino, l'aquila imperiale la vogliono un po' tutti, Carlo Magno (il primo dei nostalgici) ha voluto fondare il suo impero romano. Sacro, visto che oramai c'era pure il papa di mezzo. Insomma, nonostante a volte sembri che tanti secoli di civiltà noi indegni eredi li abbiamo presi e buttati via, senza nemmeno curarci di fare la raccolta differenziata, qualcosa rimane, diceva il poeta.