
Tra le mille cose che ho fatto negli anni, ho anche lavorato per qualche mese nella redazione di Marcopolo, una rivista di viaggio (forse non l'avrete mai sentita nominare, e in effetti anche l'edicolante chiese a mio padre perché la comprasse ogni mese con così tanta ostinazione); tra le cose che preferivo c'era trovare i titoli per gli articoli e, lasciatemelo dire, avevo un vero talento. Ecco perché, quando ho pensato a questo post, mi è venuto in mente il titolo come prima cosa: non lo trovate azzeccatissimo anche voi? Dosso Dossi è infatti protagonista della nuova mostra dedicata alla Galleria Borghese, ultima tappa di un viaggio iniziato nel 2021 e dedicato alla pittura di paesaggio. Attivo alla corte ferrarese di Alfonso I, Dosso Dossi è autore - tra le altre cose - di un fregio che raccontava in dieci tele le storie di Enea e che in origine decorava il favoloso camerino del duca d'Este, assieme a opere di Tiziano e di Bellini. Acquistato a inizio del Seicento da quel volpone di Scipione Borghese e poi dispersa, il fregio di Enea descrive l'eroe virgiliano come esempio di virtù e incarnazione della pietas romana, e lo fa con lo stile tipico di Dosso, un misto di fiabesco e bizzarro, sempre riconoscibile. In mostra cinque tele delle dieci originarie, arrivate dal Louvre Abu Dhabi, dalla National Gallery di Washington, dal Prado e da una collezione privata. All'appello ne mancano cinque, tre delle quali andate disperse. Almeno per ora: chissà che Dosso non ci riservi qualche sorpresa in futuro.