I pittori e i cocomeri

Il giorno di san Bartolomeo, il 24 agosto, i romani andavano all'isola Tiberina non senza una certa apprensione, e chi aveva la coscienza sporca forse girava proprio alla larga: sì perché in quella occasione veniva esposta - sulla colonna che stava al posto della piccola guglia oggi al centro dell'isola, proprio di fronte alla chiesa - l'elenco di quei senza Dio che non avevano partecipato alla messa di Pasqua di qualche mese prima. Una vera e propria pubblica gogna, talmente invisa che la colonna fu detta infame: nessuno si stupì più di tanto allora quando la manovra maldestra di un carrettiere (che noi crediamo del tutto in buona fede) la mandò in mille pezzi. 

Ma sull'isola Tiberina si andava anche molto volentieri, per almeno un paio di motivi: gli amanti dell'arte potevano visitare una vera e propria mostra di pittura, organizzata dalla confraternita dei bergamaschi per celebrare il loro santo patrono. E poi a san Bartolomeo c'era la sagra del cocomero, coi cocomerari che invadevano letteralmente ogni spazio disponibile sull'isola, e che a volte si divertivano a lanciare un cocomero nel fiume, per vedere chi lo avrebbe ripescato. La tradizione, amatissima ma in realtà anche parecchio pericolosa per via della corrente del fiume e delle vere e proprie zuffe tra quelli che si contendevano il trofeo, si interrompe alla fine dell'Ottocento. E, c'è da giurare, in città la decisione di proibire la sagra lasciò deluse parecchie persone.