Care, fresche, dolci acque...

"Mi sembra che la grandezza dell'impero romano si riveli mirabilmente in tre cose, gli acquedotti, le strade, le fognature" scriveva così, qualche tempo fa, Dionigi di Alicarnasso, storico di origine greca vissuto a Roma all'epoca di Augusto. Tralasciando l'impietoso confronto con la città odierna e la sua scarsa attitudine a replicare gli antichi splendori, non ci restano che le rovine, nella speranza che almeno quelle rimangano a ricordarci che sì, una volta nella storia la città è stata degna del suo ruolo...nel parco degli Acquedotti c'è in particolare la testimonianza di una delle imprese architettoniche più celebri di epoca romana. Molto pratici - almeno all'inizio - e poco avvezzi al lusso e alle frivolezze, i romani hanno dato il meglio nella costruzione di architetture funzionali al corretto svolgimento della vita civile, e gli acquedotti ne sono forse una delle testimonianze più evidenti ancora oggi. Dal 312 a.c., quando venne costruita l'Aqua Appia, fino al taglio degli acquedotti operato da Vitige nel 537, la città è stata vera e propria regina aquarum ed ha potuto vantare un'abbondanza di acqua che non ha pari nel mondo antico, figlia di una sapienza magistrale nel progettare strutture in grado di procedere per decine di chilometri mantenendo una pendenza costante e limitare al contempo le dispersioni.