Il portico e il buon uomo

Non so se fa anche a voi lo stesso effetto, ma io trovo irresistibile il fatto che alcune strade della Roma moderna abbiano conservato tale e quale i nomi dell'antichità, come se non fossero trascorsi nel mezzo un paio di millenni. Così, quando passo per vico Jugario, mi immagino sempre la città all'inizio della sua storia (che comincia e si sviluppa proprio da queste parti), con l'antico vicus Jugarius, il cui nome faceva forse riferimento ad un vetusto altare dedicato a Giunone o alle botteghe, non troppo distanti, dei costruttori di gioghi. La strada odierna conserva ancora molte testimonianze del suo passato, come il portico all'angolo con via Petroselli, forse resti dell'antico porticus Triumphalis (nella foto), e soprattutto l'area archeologica di sant'Omobono, nella quale sono stati riconosciuti, tra le altre cose, i resti di una capanna datata all'VIII secolo a.C., un'antica iscrizione etrusca, forse la più antica trovata a Roma, e le tracce di due templi d'epoca repubblicana, quello di Fortuna e quello di Mater Matuta. E l'uomo buono che c'entra? Ecco, quello arriva più tardi, quando la cella del secondo tempio venne utilizzata per la costruzione di una chiesa originariamente dedicata a san Salvatore, e successivamente, dopo la ricostruzione del 1575, a sant'Omobono, al secolo Omobono Tucenghi, mercante di tessuti cremonese vissuto nel medioevo, sempre pronto a spendere il suo denaro per opere caritatevoli ("non ho mica la borsa di Omobono!" si diceva un tempo a Cremona) e finito col diventare protettore dei sarti.