Confessate: quanti bignè di san Giuseppe avete mangiato ieri? E nessuno vi ha recitato il sonetto che riporta Zanazzo? Peccato...beh, ve lo regalo io allora, e buona domenica:
Er giorno de San Giuseppe, a Roma, è ffesta granne.
Quer giorno, pe’ ttutte le case de li cristiani bbattezzati, a ppranzo c’è l’usanza de magnà’ le fritèlle o li bbignè. Infatti da la viggija in poi tutti li friggitori de Roma metteno l’apparati, le frasche, le bbandiere,
li lanternoni, e un sacco de sonetti stampati intorno ar banco, indove lodeno le fritelle de loro, insinenta a li sette cèli. Ècchevene uno talecquale talecquale, aricopiato dar vero:
Agli amatori delle frittélle.
SONETTO
Venite tutte qui ciumache belle
Veniteve a magnà’ le mi’ frittelle.
Vieni, ti avanza o Popolo Romano
In questo spaccio di frittelle ameno
Vieni a gustar ciò che sa far mia mano
Con il volto pacifico e sereno (sic).
Non senti bollir l’olio da lontano,
Olio che di bontà ristora il seno?
E chi vuol bene mantenersi sano
Di frittelle mantenga il ventre pieno.
Vengano pur scherzevoli persone;
Ché le frittelle mie di riso e pasta
Troncherebbero il meglio e bel sermone.
Il mio lavor qualunque dir sovrasta:
L’eloquenza per fin di Cicerone
Diventerebbe muta e ciò ti basta.