Una storia (quasi) senza fine

Pensate di entrare nella basilica di san Pietro e di percorrere la navata fino all’altare. Immaginate che sorpresa se, al posto del baldacchino di Bernini, vi trovaste avanti una sorta di gigantesca piramide a gradoni, sormontata da una selva di statue…pura allucinazione? Nient’affatto, solo l’immagine più fedele di quello che sarebbe successo se Michelangelo avesse portato a termine il suo grandioso progetto per la tomba di Giulio II. L’idea di papa Della Rovere era infatti quella di costruire il suo sontuoso monumento funebre proprio sotto la cupola di san Pietro, tra il cielo e la tomba del primo papa; niente male come ambizione! Un’idea del genere, e il papa lo sapeva bene, poteva realizzarla solo Michelangelo che infatti, attratto da un’idea del genere si mise subito all’opera. Mal gliene incolse: il progetto della tomba del papa – la tragedia della sua vita, come ebbe a dire lo stesso artista – lo accompagnò (lo perseguitò?) infatti per buona parte della sua esistenza, tra dissapori con lo stesso pontefice, cambi di programma, fughe da Roma e successivi rappacificamenti, questioni economiche con gli eredi di Giulio II, ripensamenti e modifiche d’ogni genere. Si arrivò alla fine, dopo quasi quarant’anni di tira e molla, ad un onorevole compromesso: spostata la tomba da san Pietro a san Pietro in Vincoli, basilica nella quale il papa era stato cardinale titolare prima della sua elezione al soglio pontificio, ridotta la misura del monumento, non più libero sui quattro lati ma addossato alla parete, ridotto anche (e di molto) il numero delle statue. Tra queste, una sola è di Michelangelo, il celeberrimo Mosè, che con quel cipiglio e quello scatto del viso è forse il ritratto meglio riuscito (anche se non dichiarato) di papa Della Rovere.