La sala dei Corazzieri in Quirinale è stata pensata, dagli artisti che l’hanno decorata sotto papa Paolo V Borghese (tra gli altri, Giovanni Lanfranco e Carlo Saraceni), come una grande istantanea scattata per celebrare il papa e la forza del suo pontificato, capace di arrivare ai quattro angoli del mondo. Le finte balconate della parte alta delle pareti mostrano infatti i tanti ambasciatori che, negli anni, portarono il loro omaggio al papa. Tra le facce che, incuriosite, si guardano attorno, di riconosce l’ambasceria persiana guidata da Robert Shirley, quella del Giappone con Hasekura Tsunenaga, arrivato a Roma dopo due anni di viaggio suscitando la viva curiosità dei romani, attratti dallo strano modo di mangiare degli orientali (“con due stecchetti di legno”) e di pulirsi il naso con un foglietto di carta che poi veniva gettato via. Ma l’ambasciatore che si merita più di tutti una menzione speciale è Emanuele Ne Vunda, El Nigrita, spedito a Roma dal re del Congo. Sfortunatissima la sua missione: tre anni di viaggio, attacchi di pirati e problemi di ogni tipo fecero sì che Ne Vunda arrivasse in città gravemente malato. Qui non ebbe nemmeno il tempo di ristabilirsi, ma il suo sforzo fu ripagato dalla visita del papa in persona, che si recò al suo capezzale poco prima che morisse. Non solo: visto che l’ambasciatore aveva dato la vita pur di essere a Roma e portare l’omaggio del suo re al papa, questi lo ricompensò con un funerale in pompa magna, e con la costruzione di un bel monumento funerario in santa Maria Maggiore. Come riconoscerlo nella grande basilica? Semplice: è l’unico il cui il ritratto del defunto è in marmo nero…