“Mentre Roma rinasce all’antico splendore, Lorenzo Manili, in segno di amore verso la città, costruì dalle fondamenta, sulla piazza Giudea, in proporzione alle sue modeste possibilità, questa casa che, dal nome del suo casato, prende il nome di Maniliana, per sé e per i suoi discendenti, nell’anno 2221 dalla fondazione di Roma”. Ecco la pretenziosa iscrizione che in caratteri capitali che si legge bene ancora oggi, nonostante sia un po’ annerita, al civico 1 di via del Portico d’Ottavia, nel cuore di quello che dal 1555 al 1888 era il ghetto della città. Prima dell’istituzione del cosiddetto serraglio degli ebrei, nel 1468, l’altrimenti poco noto Lorenzo Manili decide di mostrare a tutto il vicinato il suo amore per la classicità dettando una magniloquente epigrafe da realizzare sulla facciata di casa, decorata anche da alcuni rilievi antichi ed al motto Ave Roma sparso qua e là sulle finestre. Il periodo è in effetti propizio: siamo proprio all’inizio della riscoperta dei classici e dell’arte antica, e la città è zeppa di eruditi, artisti e archeologi da strapazzo che vanno alla ricerca di quello che la terra regala loro nel corso di scavi più o meno scientifici. E Lorenzo Manili, convinto fino al midollo di vivere in continuità con la Roma antica, data addirittura la sua casa ab urbe condita, dall’epoca della fondazione della città. Una delle testimonianze più vivide del primo Rinascimento romano.