Non c'è anno in cui, ogni 5 maggio, non mi ritornino alla mente quei versi che ci hanno fatto imparare a scuola: "Ei fu siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro..." Ma che c'entrerà mai Napoleone, l'imperatore dei francesi, con Roma e coi romani? C'entra invece, e molto anche, visto che il piccoletto voleva fare della città un feudo a sua immagine e somiglianza. Comincia tutto il 2 febbraio 1809, quando il generale Moillis occupa Roma costringendo Pio VII Chiaramonti a trovar riparo in Quirinale. Da lì il pontefice assiste alla revoca del suo potere temporale, alla quale risponde prontamente con la scomunica di Bonaparte il quale, a sua volta, manda i suoi ad arrestare il papa. È l'inizio di un periodo breve ma intenso, durante il quale Napoleone decide di affidare la città al figlioletto, proclamato re di Roma, e addirittura di prendere il posto del papa nella sua residenza in Quirinale (non riuscirà mai a metterci piede tuttavia e il pontefice, al suo ritorno, rimboccandosi le maniche provvederà a cancellare quasi tutte le modifiche francesi al palazzo) avviando al contempo tutta una serie di lavori volti a stravolgere e modernizzare il volto di Roma, progettando una grandiosa Villa Napoleone tra ponte Milvio e porta del Popolo, i giardini del grande Cesare sul Pincio, un parco archeologico tra foro romano e Palatino...quasi tutti progetti rimasti sulla carta, interrotti dal ritorno del papa nel maggio del 1814. "Fu vera gloria?" si chiede il poeta...portavoce della risposta dei romani è Pasquino, che risponde, caustico, con un'altra domanda: "Ma è vero che tutti i francesi sono ladri? Tutti no, ma buona-parte sì".