La macchina del tempo

Entrare in una chiesa e passare dal 2014 al medioevo, poi scendere qualche gradino e ritrovarsi al IV secolo; scendere ancora ed essere faccia a faccia con la Roma imperiale. Dove può succedere tutto se non a san Clemente? A poche centinaia di metri dal Colosseo, permette di andare indietro nel tempo in un attimo, basta acquistare il biglietto dei sotterranei e spingersi fino al livello più basso, quello che corrisponde ad una struttura di epoca imperiale nella quale, forse attorno al III secolo, viene ricavato un mitreo, ancora oggi in parte visibile. Dopo essersi districati tra le salette ed i corridoi, si sale alla basilica dedicata a san Clemente nel IV secolo e ammirarne soprattutto gli affreschi, purtroppo non sempre ben leggibili. È qui però che si trova, su quella che era una delle pareti della navata centrale, una delle più antiche attestazioni della lingua volgare italiana. E...si tratta di una parolaccia! Eh sì, l'affresco narra la storia di Sisinnio, nobile pagano geloso della moglie – cristiana – al punto di decidere di seguirla fino al luogo dove Clemente stava celebrando la messa. Allontanato dalla celebrazione, Sisinnio diventa improvvisamente cieco e sordo, e soltanto Clemente potrà restituirgli vista e udito, cosa che fa recandosi direttamente nella casa dell'uomo. Nonostante tutto, l'evidentemente poco riconoscente Sisinnio ordina ad alcuni uomini di legare il santo e portarlo via dalla casa...ed è proprio qui che si trova la frase incriminata: Sisinnio urla infatti ai tre malcapitati “Fili dele pute, traite, Gosmari, Albertel, traite. Falite dereto colo palo, Cavroncelle”. Non credo ci sia bisogno di traduzioni, e anche se fosse arrossirei troppo nello scriverla...in effetti per il dolce stil novo bisognerà aspettare ancora un po!